ROCCATELIER
 

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Ampliamento di un edificio residenziale esistente

Cinque Villette

Cinque villette “quasi” a schiera a Monza

Ampliamento di edificio residenziale esistente (anni 60) con 5 nuove unità abitative distribuite su più livelli.

SINTESI DEL TEMA EDILIZIO– Alla base di questo progetto c’è un’affermazione di Antonio Averlino detto il Filarete: “ogni architettura per nascere ha bisogno di un padre e di una madre“ dove l’architetto è la madre ed il padre è il committente. Le case qui esposte sono il risultato di questo assunto, frutto di continue discussioni, estenuanti a volte, anche perché i vincoli imposti dalla irregolarità del lotto e dalle normative vigenti non lasciavano possibilità di soluzioni tradizionali. Come quasi sempre accade in queste circostanze, il progettista è stimolato alla sfida, obbligato a non rifugiarsi nell’ovvio, a ricercare soluzioni diverse ed inusuali per cambiare una proposta che tenga conto delle esigenze di ciascuno. Siccome credo che ogni architettura nasca dall’interno verso l’esterno, di modo che tutto quello che vediamo esternamente non è altro che il frutto di quello che succede all’interno, ogni abitazione è diversa dalle altre perché differenti erano i committenti e differenti le richieste. I cinque appartamenti sono un ampliamento dell’edificio anni ’60 esistente e ne completano l’arco appena accennato che si sviluppa lungo l’asse est-ovest. Si viene a creare in questo modo un giardino centrale protetto dalle nuove costruzioni e tutto aperto a sud, verso la luce.

Queste case nascono dagli spazi interni e in funzione di questi creano luoghi per vivere, per studiare, per lavorare, per incontrarsi; poi lo spazio interno trasborda all’esterno attraverso le ampie vetrate totalmente apribili sui giardinetti privati e ne deforma i prospetti. La luce è proprio uno degli strumenti che meglio orchestra gli incastri di volumi delle nuove abitazioni. La finestra è intesa come squarcio nel muro, tanto da non poter essere neppure interrotta dalle solette dei diversi piani, che anzi si ritirano e si deformano dietro le aree finestrate, grazie all’utilizzo di carter in lamiera che aiutano la luce a entrare anche nei piani più bui. Concludendo, l’architettura che ne viene fuori è un po’ sghemba e caotica, ma credo bene riesca ad esprimere la complessità della società di oggi ed il disordine che domina la crescita e la trasformazione delle nostre periferie.

 

MATERIALI UTILIZZATI – Pochi i materiali scelti: oltre al vetro, scelto anti – sfondamento per poter evitare filtri opachi e definitivi come griglie o persiane, si distinguono le pareti e i tetti ventilati in zinco – titanio ( Rheinzink – posato con la tecnica della graffatura doppia da lattonieri del Trentino) e le quinte in cemento armato a vista, come spacchi nelle pareti bianche intonacate. Il tetto piano è un giardino pensile realizzato secondo un brevetto tedesco. I volumi di copertura sono poliedri creati da una struttura portante in acciaio con un cappotto in legno e una scorza esterna di lamiera. Ciò ha permesso di ottenere una serie di ambienti interni molto personalizzati, ma allo stesso tempo tutti caratterizzati dalla medesima scelta di materiali e finiture.

I colori dell’edificio sono quelli fondamentali: giallo rosso blu bianco. Ad ogni colore è associata una funzione differente.

TECNICHE COSTRUTTIVE:

  • Pareti ventilate in ferro legno protette esternamente da lamiera in zinco-titanio posata con la tecnica della graffatura doppia
  • Sistema

RELAZIONE DI PROGETTO:

Le 5 villette nascono come ampliamento dell’edificio anni 50-60 esistente, completando l’arco appena accennato che si sviluppava lungo l’asse est – ovest. Si viene a creare in questo modo un giardino privato centrale protetto dalle nuove costruzioni e tutto aperto a sud, verso la luce.

Certo vi ha influito anche un’analisi inconscia dell’edificio esistente con il giardino, ampio e ricco di vita, generatore d’incontro familiare, il portico che media tra gli spazi aperti e quelli chiusi, tipico di un certo modo di pensare e di progettare negli anni ’50-60, l’altissima parete di beola che più di ogni altra rimanda agli avi che hanno voluto per quella casa una quasi scultura, simbolo della professione del bisnonno, apprezzato marmista. E ancora l’aggetto verso strada di una parte dell’edificio, quasi a volere fuggire il razionalismo anni ’60 che lo imprigiona ed il caotico contesto di una periferia che esibisce il tondo delle coperture industriali da un lato e gli spigoli e i triangoli sghembi di frontespizi e tetti di coppi e marsigliesi delle vicine residenze popolari.

Impressioni, suggestioni che ho cercato di rappresentare nelle tre dimensioni.

Queste case nascono dagli spazi interni e in funzione di questi creano luoghi per vivere, per studiare, per lavorare, per incontrarsi; poi lo spazio interno trasborda all’esterno attraverso le ampie vetrate totalmente apribili sui giardinetti privati e ne deforma i prospetti.

La luce è proprio uno degli strumenti che meglio orchestra gli incastri di volumi delle nuove abitazioni. La finestra intesa come squarcio nel muro, che non può neanche essere interrotta dalle solette dei diversi piani, che anzi si ritirano e si deformano dietro le aree finestrate, grazie all’utilizzo di carter in lamiera gialli che aiutano la luce a entrare anche nei piani più bui.

Pochi i materiali scelti: oltre al vetro, scelto anti – sfondamento per poter evitare filtri opachi e definitivi come griglie o persiane, si distinguono le pareti e i tetti ventilati in zinco – titanio (una corazza che nasconde un cuore tutto di legno) e le quinte in cemento armato a vista, come spacchi nelle pareti bianche intonacate.

Il tetto piano è un altro giardino in cui sono appoggiati – incastrati i volumi dei soppalchi delle camere figli, veri propri spazi gioco. Questi volumi sono poliedri creati da una struttura portante in acciaio con un cappotto in legno e una scorza esterna di lamiera. Questo ha permesso di ottenere una serie di ambienti interni molto personalizzati, ma allo stesso tempo tutti caratterizzati dalla medesima scelta di materiali e finiture.

I colori dell’edificio sono quelli fondamentali: giallo rosso blu bianco. Ad ogni colore è associata una funzione differente. Ad esempio le strutture in acciaio sono tutte blu, e i caloriferi sono tutti rossi. Gli altri colori presenti sono quelli dei materiali utilizzati: il grigio del cemento armato e del Rheinzink, l’acciaio dei camini o il verde del giardino pensile.

Ogni villetta si distribuisce su 4 livelli tutti con più o meno le medesime funzioni:

–Un piano interrato con taverna e servizi

–La zona giorno al piano terra con la cucina che accede direttamente a dei giardinetti privati verso est posti allo stesso livello, e il soggiorno invece si affaccia sul giardino comune ad ovest che si trova invece ad un livello più basso garantendo una maggiore riservatezza

–La zona notte al piano primo con le camere da letto

–I soppalchi e il giardino pensile all’ultimo livello.

Siccome credo che ogni architettura nasca dall’interno verso l’esterno, di modo che tutto quello che vediamo esternamente non è altro che il frutto di quello che succede all’interno, ogni villetta è diversa dalle altre perché differenti erano i committenti e differenti le richieste. Ad esempio la camera col tetto di vetro per vedere le stelle o la casa sull’albero come variante dei soppalchi delle camere figli.

Concludendo, l’architettura che ne viene fuori è un po’ sghemba e caotica, ma credo bene riesca ad esprimere la complessità della società di oggi ed il disordine che domina la crescita e la trasformazione delle nostre periferie.

 

PRINCIPALI DATI EDIFICIO 5 VILLETTE – VIA GIORDANI – MONZA

CUBATURA COMPLESSIVA – mc 3.500 compresi 6 box doppi fuori terra

COSTI COMPLESSIVI – €. 1.000.000 compresa la sistemazione del giardino comune

TEMPI DI REALIZZAZIONE – 2 anni e 6 mesi circa – termine lavori 1998

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Premio Dedalo-Minosse alla committenza sezione under 40

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Cliente Privato